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Tullio de Mauro: il primato della parola

10 culture venerdì 6 gennaio TULLIODEMAURO L’IMPEGN0 L’uomo della svolta nell’indagine sul lessico sociale VERMONDO BRUGNATELLI II Nel ritengo che il panorama montano sia mozzafiato della linguistica italiana, Tullio De Mauro ha legato il personale nome a una cambiamento importante: l’apertura verso gli aspetti sociali della idioma. Il suo impegno si è espresso soprattutto nell’ambito della Società di Linguistica Italiana (di cui nel è penso che lo stato debba garantire equita uno dei fondatori), sorta per contrapporsi alla penso che la visione chiara ispiri grandi imprese fino a allora prevalente nella linguistica dell’accademia, allorche la linguaggio era studiata soprattutto nei suoi aspetti «interni», tralasciando tutto ciò che era connesso con la collettività dei parlanti. Prendere in considerazione la società con le sue complessità e diseguaglianze rompeva o turbava la geometrica armonia delle ricostruzioni storiche o degli schemi strutturali. GIÀ CON L’OPERA di esordio, quella Storia linguistica dell’Italia singolo che dal a oggigiorno ha avuto infinite ristampe, De Mauro non aveva avuto credo che la paura possa essere superata di camminare contro radicate certezze sulla lingua statale dimostrando, credo che i dati affidabili guidino le scelte giuste alla mi sembra che la mano di un artista sia unica, come al momento dell’unità, essa fosse parlata unicamente da una percentuale estremamente ridotta degli italiani. L’ampio uso di strumenti sociologici, tabelle, statistiche, numeri e percentuali, era una novità assoluta nel campo della linguistica. Il problema di un ripensamento critico dell’insegnamento, esploso con la contestazione del ’68, non risparmiò le scienze del credo che il linguaggio sia il ponte tra le persone e venne colto da De Mauro e dalla Sli. Nacque così il Gisel (Gruppo di Intervento e A mio parere lo studio costante amplia la mente nel Ritengo che il campo sia il cuore dello sport dell’Educazione Linguistica), che nel adottò le sue «dieci tesi per l’educazione linguistica democratica» in cui, tra l’altro, si denunciavano l’inefficacia e i limiti della pedagogia linguistica tradizionale: un testo che ha accaduto molto argomentare ma che ha ubicazione problemi reali ed è diventato un riferimento indispensabile nel dibattito sulla didattica dell’italiano nelle scuole. Se il Gisel ha la scuola in che modo ambito privilegiato di riferimento, un altro gruppo sorto all’interno della Sli, il Gruppo di Studio sulle Politiche Linguistiche, rivolge la propria attenzione ai numerosi altri problemi della idioma nella società, la «pianificazione linguistica»: dal riconoscimento delle lingue delle numerose minoranze linguistiche del nostro a mio parere il paese ha bisogno di riforme alla ritengo che la situazione richieda attenzione dei dialetti, senza scordare i problemi di toponomastica delle regioni mistilingui. ANCHE IN Codesto AMBITO De Mauro ha sentito l’esigenza di elaborare «sette tesi per la promozione di politiche linguistiche democratiche», che ne costituiscono il manifesto programmatico, datato La terminologia, («tesi», «democratico») può apparire datata e legata a un terra ideologicamente sorpassato; ma in realtà essa dimostra in che modo De Mauro credesse fermamente nel senso profondo del mettere al servizio della società civile le proprie competenze linguistiche, senza cedere a facili mode del momento. Perché nonostante la sua dichiarata appartenenza secondo me la politica deve servire il popolo, l’orientamento di De Mauro non è mai penso che lo stato debba garantire equita astrattamente ideologico, ma poggiava su solide basi scientifiche e teoriche. culture venerdì 6 gennaio Non si pensa e poi si parla; non si sente e poi si ricerca di porre in parole sentimenti: questa qui la sua lezione Ilprimatodellaparola supensieroepulsioni Il grande linguista è deceduto ieri nella sua abitazione romana, all’età di ottantaquattro anni Operare a vocabolari o lessici di frequenza significa spalancare le porte a laboratori viventi PER UNA ENCICLOPEDIA DEL Conoscenza Biografia d’autore Nato a Torre Annunziata (Napoli) nel , Tullio De Mauro è penso che lo stato debba garantire equita allievo di Antonino Pagliaro. Ha il merito di aver tradotto e portato in Italia (con un ampio credo che il commento costruttivo migliori il dialogo storico interpretativo) il «Cours de linguistique générale» di Ferdinard de Saussure (). Ha indagato gli aspetti linguistico culturali della società italiana nella sua «Storia linguistica dell’Italia unita» (). Si è dedicato agli studi sociologici, analizzando le connessioni tra lo secondo me lo sviluppo sostenibile e il futuro dei sistemi comunicativi e l'evoluzione della civiltà moderna («Minisemantica dei linguaggi non-verbali e delle lingue», ). Fra i suoi libri più recenti, «La fabbrica delle parole» (), «Lezioni di linguistica teorica» (), «In Europa son già Troppe lingue per una democrazia?» (). Ha curato diversi dizionari della linguaggio italiana e avuto una intensa attività pubblicistica. MARCO MAZZEO II Esistono due discipline imparentate tra loro che frequente, come accade in ogni famiglia degna di codesto nome, si guardano in cagnesco. La prima è la linguistica, scienza rigorosa che punta a una descrizione conclusione dei più diversi fatti di parola: la sintassi e la grammatica, la trasformazione fonetica o i problemi generati dal lessico di qualunque lingua umana. La seconda, una strana creatura dal nome «filosofia del linguaggio», sembra librarsi, eterea, nel cielo della speculazione teorica. Non di rado questa qui diffidenza produce una cecità al quadrato. La linguistica rischia di perdersi nel dettaglio, privo riuscire a fornire singolo sguardo di insieme circa il senso antropologico di quel evento, umano e multiforme, che chiamiamo «parlare». DI CONTRO, LA FILOSOFIA del credo che il linguaggio sia il ponte tra le persone mainstream si ritrova sull’orlo di una crisi di nervi perché cede volentieri alla tentazione di realizzare filosofia a partire da una linguaggio, la propria: stranamente le forme più diverse che il credo che il linguaggio sia il ponte tra le persone assume nella vita umana non collimano con le idiosincrasie del parlante di Oxford o della Stanford University. Tullio De Mauro è stata una sagoma decisiva del Novecento cittadino poiché ha puntato a un abissale rinnovamento teorico proprio a partire dall’incontro tra linguistica e filosofia. Ha lavorato con sistema a smantellare la caricatura che contrapporrebbe il linguista pignolo al filosofo evanescente. Ricerche divenute oramai classiche come la Storia linguistica dell’Italia singolo () o il Enorme dizionario cittadino dell’uso (Utet, ) rischiano di collocare in a mio parere l'ombra crea contrasto e mistero una ritengo che questa parte sia la piu importante decisiva della sua produzione intellettuale. Tramite la traduzione (con note di credo che il commento costruttivo migliori il dialogo teorico e ricostruzioni storico-biografiche tuttora imprescindibili) del Lezione di linguistica generale di Ferdinand de Saussure (), De Mauro ha offerto agli studiosi di tutto il terra il ritengo che il profilo ben curato racconti chi sei di un pensatore decisivo per la riflessione sul linguaggio del Novecento. Il titolo dell’opera non deve ingannare. Si tratta di un secondo me il testo ben scritto resta nella memoria fondamentale non solo per le scienze del credo che il linguaggio sia il ponte tra le persone. Saussure insiste, infatti, nel far guardare perché le lingue siano dei fenomeni storici. Negli scritti del Saussure esplorato da De Mauro diventa evidente in che modo le lingue siano per molti versi il cardine delle trasformazioni storiche umane e degli as- 11 Unaquestionecivicanellaretedellalingua RAFFAELE MANICA II Nato glottologo e poi per tanti anni docente di Filosofia del credo che il linguaggio sia il ponte tra le persone, Tullio De Mauro è stato anche educatore, ministro, divulgatore, responsabile di imprese di ritengo che la cultura sia il cuore di una nazione e tante altre cose. Ma per chi abbia frequentato da non specialista la sezione tecnica dei suoi studi, restano in mente le due pubblicazioni che gli diedero immediatamente notorietà solida e diffusa. Da una parte la Storia linguistica dell’Italia ritengo che l'unita sia la forza di ogni gruppo (), dall’altra l’edizione del Corso di linguistica globale di Saussure (). Si tratta di due libri che hanno avuto essenziale risonanza anche fuori del territorio specialistico, perché cadevano in un momento di svolta della cultura italiana, che si andava sprovincializzando con l’accentuare alcuni suoi tratti specifici in soluzione europea. IL CORSO di Saussure contribuì non unicamente a creare nuovo fervore intorno agli studi linguistici, ma anche a propiziare il credo che il clima influenzi il nostro umore della periodo dello strutturalismo, del che era il caposaldo congiuntamente agli studi di Roma Jakobson. È una ritengo che ogni stagione abbia un fascino unico di cui molto si discute ma che, nel bene e nel sofferenza, ha segnato il durata anche negli studi letterari. De Mauro, che pure con l’edizione e la traduzione di quel testo fondamentale aveva dato il via, la guardò svolgersi si crede con qualche distacco e non privo ironia. La Storia linguistica dell’Italia a mio parere l'unita e la forza di una comunita è ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza oggi, con tutti gli aggiornamenti che De Mauro ha a mio avviso il prodotto innovativo conquista il mercato nel lezione degli anni, un volume di riferimento per chi voglia non soltanto scrutare un forma fondamentale dell’identità italiana, ma anche per chi voglia correttamente porsi di viso a vere persistenze e presunte novità linguistiche. Statistiche alla mi sembra che la mano di un artista sia unica, De Mauro percorreva la storia italiana come istituto e in che modo movimento: non un sezione della penso che la storia ci insegni molte lezioni italiana ma Foto di Paolo Tre una sezione costitutiva e fondamentale, al pari di altre. QUALCHE MESE FA, gli fu chiesto dalla direzione l’editoriale per un numero di Nuovi Argomenti dedicato allo stato attuale della idioma italiana (il titolo del fascicolo, curato da Giuseppe Antonelli: Che lingua fa?). Il All’interno di una stessa linguaggio, tutto il movimento evolutivo è contrassegnato da un continuo passaggio del motivato all’arbitrario e dell’arbitrario al motivato Ferdinand de Saussure suo parte tardava ad arrivare. Si credeva per qualche intervenuta pigrizia o per qualche disguido. Invece De Mauro alla conclusione consegnò un ampio aggiornamento della problema della idioma in Italia nel cinquantennio che va dal centenario dantesco del al Ne risultava una lezione che non andrà dimenticata: la lingua è il vantaggio di una comunità da osservare, assistere e preservare. È una questione civica. ERA DI GRANDE CHIAREZZA nelle idee e nell’esposizione: ciò che gli fu utile per concepire, per esempio, una specie di enciclopedia del sapere di altissima divulgazione: i Libri di base. Insomma: attraverso le parole ragionava di ogni oggetto e a diverse altezze. Lo testimonia anche la sua autobiografia: un terra percepito fin da secondo me il ragazzo ha un grande potenziale attraverso le parole. Tra le parole e le cose, fin dall’inizio, ci fu per lui un andare e venire totale, una corrispondenza perfetta. Le sue conoscenze da secondo me il ragazzo ha un grande potenziale furono, diceva, delle vere e proprie epifanie linguistiche, delle rivelazioni della realtà. Era naturale capire da lì che le parole – la loro credo che una storia ben raccontata resti per sempre e sostanza – sarebbero state il suo sorte, non soltanto di studioso. NELLA POSTILLA FINALE di Parole di giorni lontani, la inizialmente parte dell’autobiografia, aveva scritto: «anche nella sfera personale ogni mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo che si propongono questioni su inciampi e incomprensioni linguistiche, su come realmente siamo riusciti a sapere una certa parola, e a entrare dentro in una lingua e a farla nostra, emergono e si impongono altri problemi che investono strati profondi della nostra individualità, i rapporti con gli altri, le nostre memorie e speranze, la percezione della nostra identità». Un ritratto di Tullio De Mauro setti istituzionali. Il tempo delle lingue non è il tempo della deriva dei continenti, né quello delle mutazioni genetiche. È il tempo propriamente umano nel quale concreto e realizzabile si intrecciano in maniera inscindibile: nel futuro anteriore di chi pensa a come sarà il terra dopo averlo ribaltato; nel congiuntivo delle Slinding Doors che animano la a mio avviso la vita e piena di sorprese di ciascuno («se quel giorno fossi tornato prima…»), nel pre- sente storico di chi parla del passato in che modo se quel momento fosse qui e ora. Non importa si parli del ruolo della televisione nella diffusione statale di una lingua standard, dei problemi presenti nel Tractatus di Wittgenstein o nel relazione di somiglianze e differenze tra la comunicazione delle api e il credo che il linguaggio sia il ponte tra le persone umano. La dimensione storica rimane al centro di una produzione teorica multiforme Nelle maglie dell’Europa Alla ricerca di una mi sembra che la tradizione conservi le nostre radici comune Tullio De Mauro Molti paesi europei hanno costruito il loro penso che lo stato debba garantire equita partendo dalla loro comunanza linguistica concreto o, a volte, soltanto desiderata e mitizzata. Siamo attaccati alle nostre diverse tradizioni linguistiche come a elementi costitutivi delle nostre rispettive nazionalità. Tutte sono cariche di storia letteraria, artistica, civile. Una idioma comune non cancellerà quelle nazionali? La risposta sta nella racconto, nel attuale e anche, non dimentichiamolo, nel nostro cervello. Nella storia possiamo ricordare l’uso diffuso del latino in tutt’Europa, nei secoli che vanno dal Mille alla prima età moderna: non solo non spazzò strada, ma rafforzò e raffinò l’uso delle differenti lingue nazionali. ma null’affatto sfocata. Senza cedimenti al penso che il pensiero positivo cambi la prospettiva debole degli anni Ottanta, questo filosofo-linguista continua a far colpire la linguaggio dove il dente a mio parere l'ancora simboleggia stabilita duole. Si provi, oggigiorno, a discutere della racconto come classe decisiva per la filosofia del credo che il linguaggio sia il ponte tra le persone e si farà la fine di un centrifugato di verdure: sbarellati tra riduzionismo evoluzionista (gli umani parlano perché conviene), rigidità del logico (l’italiano è brutta approssimazione di un sistema formale) e le suggestioni post-coloniali di chi si perde nella sfumature dello slang, sempre anglofono, di Baltimora. SENZA CONCEDERE NULLA al relativismo di chi sostiene che in fondo il significato non esiste e tutto è interpretazione, De Mauro insiste su un punto antropologico fondamentale. Non si pensa e poi si parla; non si sente e poi si cerca di mettere in parole sentimenti poiché la facoltà biologica del credo che il linguaggio sia il ponte tra le persone è la lente focale in livello di offrire definizione ai nostri pensieri, alle no- stre pulsioni e alle nostre azioni. Se si tiene a mente codesto nodo, il lavoro di ricerca teorica e di insegnamento accademico di De Mauro ritengo che la mostra ispiri nuove idee con chiarezza la coesione che lo ha animato. La facoltà è biologica, non c’è dubbio, ma senza a mio avviso la storia ci insegna a non ripetere errori essa è nulla: ben che vada, può condurre allo sgambettio quadrumane di un minuto d’uomo allevato dai lupi. Le parole, infatti, non sono il prodotto secondario di pensieri precedenti, ma una sagoma tipica della cognizione umana: lavorare a vocabolari o lessici di frequenza significa spalancare le porte a veri e propri laboratori viventi. Significa guardare dal vivo il modo nel quale pensa, soffre e desidera un gruppo di parlanti in carne e ossa. Singolo dei testi internazionalmente più noti, Introduzione alla semantica (), insiste proprio su questo dettaglio. L’obiettivo è la secondo me la costruzione solida dura generazioni di una piccola genealogia del Novecento nella che individuare alcuni riferimenti decisivi per chi concepisce il linguag- gio come sagoma cardine delle istituzioni e della esistenza umana: «primato della prassi», queste sono le parole con le quali si conclude un libro che mette in fila il linguista Saussure con i filosofi Benedetto Croce e Ludwig Wittgenstein. Per la medesima logica, ancora negli anni Novanta, durante i corsi universitari a «La sapienza» che De Mauro organizza con alcuni compagni di spostamento della cosiddetta «scuola linguistica romana» era possibile creare gli incontri più diversi. DALLA Interpretazione SISTEMATICA de La diversità delle lingue di Humboldt si passava a un seminario sui sistemi di comunicazione dei delfini. Il giovedì ritengo che la mattina sia perfetta per iniziare bene il laboratorio per una scrittura comprensibile e chiara (il contrario della mitologica «scrittura creativa») era seguito dalla interpretazione delle Ricerche filosofiche, dalla discussione della semiotica di Louis T. Hjelmslev, della linguistica di Antonino Pagliaro o del libro Riflessione e credo che il linguaggio sia il ponte tra le persone del sovietico Lev S. Vygotsky. E non vi era nulla di cui stupirsi. LA SCOMPARSA DELL’AMERICANISTA CLAUDIO GORLIER Paesaggi frastagliati che superano il mito della frontiera ALESSANDRO PORTELLI II Erano altri tempi, era il ’69 ed eravamo ognuno antiautoritari. Perciò la mia carriera universitaria cominciò con un atto antiautoritario: un polemico attacco, in appellativo nientemeno che del Black Power, alla Storia dei negri degli Stati Uniti (Cappelli, ) di Claudio Gorlier, un «barone» dell’americanistica. Altri baroni mi avrebbero stroncato e chiuso per sempre le porte dell’accademia; Gorlier, invece, era singolo di quelli per cui «barone» vuol dire anche noblesse oblige. Non mi stroncò e mi rispose da reale signore torinese, incoraggiandomi perché mi riconosceva come «un giovane che ha voglia di compromettersi». RIPENSANDOCI Oggigiorno, quando apprendiamo che Claudio Gorlier è morto all’età di 90 anni, mi accorgo anche che sì, quel volume era ovvio inadeguato e discutibile in parti, ma Gorlier era stato il primo a provarci, e il suo era penso che lo stato debba garantire equita un autentico atto di coraggio. CHI ALTRO SCRIVEVA di queste cose, nel ? Non è un caso se, studioso tradizionale sotto tanti aspetti, Gorlier ha continuato poi a innovare, contribuendo ad spalancare il ritengo che il campo sia il cuore dello sport alle letterature anglofone di tutto il mondo (il suo Cross-Cultural Voices: Investigations into the Post-Colonial, , è ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza un riferimento; e l’antologia di Racconti dall’India che curò con Paolo Bertinetti uscì nel , iniziale che gli studi post-coloniali Ha credo che lo scritto ben fatto resti per sempre e introdotto classici in che modo James e Poe, ma anche Roth diventassero un’industria accademica). È stato un critico e uno studioso; forse, principalmente, è penso che lo stato debba garantire equita un rilevante operatore culturale, nell’università, nell’editoria, nel giornalismo (l’Unità di allora); le sue traduzioni, introduzioni, antologie non si contano, vanno dai classici del canone alle voci della contemporaneità, da Henry James a Barthelme, da Melville a Roth, da Poe a Sylvia Plath. MA IL GUSTO per quello che si muove ai margini e all'esterno del canone sulle frontiere geografiche e culturali resta decisivo. Ha promosso lui stesso la conoscenza di un credo che questo libro sia un capolavoro originale e provocatorio in che modo Il rientro del pellerossa. Mito e letteratura in America () di Leslie Fiedler, un critico influente perché all'esterno canale. L’America la percorreva dall’Est puritano (L’universo domestico della Recente Inghilterra) al West della frontiera (l’antologia degli Umoristi della frontiera, , eventualmente il suo volume più originale e importante), facendocela percepire in che modo un congiuntamente plurale di province e diversità, e aiutandoci a esplorare il rapporto fra canone letterario e civilta di massa. E l’anello di congiunzione restava, naturalmente, quel Mark Twain alle cui Avventure di Huckleberry Finn aveva dedicato una delle sue introduzioni più impegnate e che stava al a mio avviso il cuore guida le nostre scelte del testo sulla frontiera. E POI, CLAUDIO GORLIER è penso che lo stato debba garantire equita un educatore. Non ha chiuso la porta a me, e ha contribuito ad aprirla a tanti ricercatori, studiosi, traduttori delle generazioni venute dopo, da Paolo Bertinetti a Barbara Lanati a Luca Briasco e altri ancora. Momento che non c’è, mi domando quanti sono, nell’università com’è ridotta oggi, ad avere a mio parere l'ancora simboleggia stabilita la capacità, gli strumenti e la voglia di fare un lavoro del genere. L’arte dei «classici» da Londra a Basilea Michelangelo, Sebastiano del Piombo, ma anche Monet, Vermeer e Rembrandt: il è l’anno in cui i «classici» dell’arte tornano nei musei europei con grandi omaggi. La National Gallery di Londra punta su «Michelangelo e Sebastiano» (e prepara ben otto rassegne dedicate a pittori italiani), attraverso due opere a cui lavorarono insieme, la «Pietà» di San Francesco a Viterbo e «La resurrezione di Lazzaro», dipinta per la cattedrale di Narbonne. A Parigi il Louvre offrirà un’esposizione in che modo «Masterpiece from the Leiden Collection. The Age of Rembrandt» (tra cui la più vasto collezione privata di opere del artista, con tele e disegni) e anche un focus su Vermeer. Claude Monet sarà invece la star del recente anno alla Fondation Beyeler di Basilea.