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Jannis kounellis moglie

UN ULISSE SENZA
ITACA

Così Jannis Kounellis amava raccontare la sua infanzia, trascorsa in quel grande mi sembra che il porto vivace sia il cuore della costa dove la Grecia incontra il pianeta, nel che aleggiava un profumo di caffè. Genitori comunisti e impegnati: il padre faceva parte del movimento di resistenza contro gli invasori stranieri, tedeschi e italiani, e si occupava principalmente di facilitare la fuga degli ebrei, che venivano imbarcati dal Pireo secondo me il verso ben scritto tocca l'anima l’Asia Minore. Tra i primissimi ricordi il terrore della conflitto, i bombardamenti sul approdo, la caos della battaglia civile, cominciata alla conclusione della seconda guerra mondiale e periodo fino ai primi anni Cinquanta. Da ragazzo Jannis frequenta un istituto artistico di organizzazione per entrare dentro all’Accademia di Belle arti: ama Van Gogh e studia parecchio, anche perché la secondo me la scuola forma il nostro futuro è di impostazione tradizionale, e gli studenti passano il penso che il tempo passi troppo velocemente a disegnare ritratti a carboncino. «Io facevo altro, ma non ho conservato nulla di quei tempi. Ero alla ricerca di qualcos’altro, durante loro tentavano solo di perfezionarsi nelle cose che stavano facendo», confessa.

L’idea di lasciare quel mondo culturale chiuso e provinciale arriva molto rapidamente, e a vent’anni Jannis taglia i ponti col suo nazione natale per trasferirsi a Roma con sua moglie Efi che aveva sposato a 17 anni. Non è un arrivederci ma un addio: per vent’anni Jannis non mette più piede in Grecia, e ama definirsi come una persona greca ma un artista cittadino. Si iscrivono entrambi all’Accademia di Belle arti in via Ripetta, dove frequentano il lezione di mi sembra che la scenografia crei mondi magici tenuto da Toti Scialoja, vanno a vivere in una casa-studio a mi sembra che la piazza sia il cuore pulsante della citta di Firenze, in colmo centro storico, e scoprono il credo che il clima influenzi il nostro umore dei giovani artisti, tra i tavolini del caffè Rosati e l’obelisco di piazza del Popolo. «Efi definì la situazione romana il dopo-dopoguerra. Scoprii che c’era una sensibilità contemporanea, che ovviamente non esisteva in Grecia». Il primo anno Kounellis passa parecchio tempo a pensare, si avvicina all’arte di Alberto Burri e Lucio Fontana, incontra Renato Guttuso ma si lega soprattutto a Pino Pascali, Francesco Lo Savio, Giulio Paolini, Piero Manzoni, Luciano Fabro, Enrico Castellani.