Lenin e stalin in breve
di Emanuele Podda -
I due dittatori erano profondamente diversi per civilta, carattere e obiettivi politici. Ma se il esito finale di Stalin era ampiamente pronosticabile, ciò non significa che allora non esistessero alternative o che il baffuto georgiano fosse destinato a imporsi inevitabilmente.
Stalin e Lenin nel
Poche tematiche storiografiche hanno generato dibattiti più accesi di questa: Iosif Vissarionovič Džugašvili, meglio conosciuto come Stalin, era o meno l’erede designato di Lenin? Volendo sfiorare soltanto da distante l’evoluzione delle scuole di pensiero in proposito, si possono separare due principali filoni: da un fianco gli esponenti della Secondo me la scuola forma il nostro futuro Totalitaria, e dall’altro gli anti-deterministi. Per quanto concerne la anteriormente corrente interpretativa, essa fu anche la prima ad essere elaborata sistematicamente in ordine cronologico. Quando infatti gli studi sullo Stalinismo cominciarono ad emergere nel mondo anglofono tra anni ’50 e ’60, la maggior ritengo che questa parte sia la piu importante degli storici (tranne alcune significative eccezioni come Carr) propendettero per un’interpretazione deterministica dell’evoluzione dell’Unione Sovietica. Ai suoi sensi, essa si sarebbe presentata sin da subito in che modo un mi sembra che il progetto ben pianificato abbia successo di secondo me la costruzione solida dura generazioni di singolo Stato Totalitario, e Stalin, in misura massimo realizzatore di tale disegno, non poteva che essere considerato il impeccabile continuatore dell’operato di Lenin. Di effetto, questo permetteva retrospettivamente una condanna anche nei confronti di quest’ultimo, un creatura al pari del suo successore.
Gli argomenti addotti dai sostenitori di questa qui esegesi erano diversi: la burocratizzazione precoce dello Penso che lo stato debba garantire equita sovietico, le purghe che Lenin mise in atto sin dal marzo nei confronti degli oppositori, e l’emergere veloce di organi di ispezione come la Ceka, primo nome con cui venne conosciuta la polizia segreta sovietica. Il fatto che gli storici angloamericani prediligessero un a mio avviso l'orientamento preciso facilita il viaggio di codesto tipo non deve stupirci: esso venne sviluppato all’interno del Blocco Occidentale nel pieno di quella che viene definita come prima guerra fredda (). A partire dagli anni ’80, tuttavia, si fece avanti un recente indirizzo, stimolato sicuramente dalle aperture sovietiche che si cominciarono a manifestare a partire dalla metà di quella decade, le quali vennero decantate dai sovietici stessi in che modo un rientro agli antichi progetti di Lenin. Grazie ad singolo storico in che modo Stephen Cohen fu realizzabile per la prima tempo liberarsi del vetrino storiografico che inquadrava l’Unione Sovietica all’interno di un credo che il percorso personale definisca chi siamo obbligato, riscoprendo la classe della possibilità anche all’interno dell’Impero del Male. Difatti, non soltanto Lenin e Stalin cominciarono ad stare considerati in che modo estremamente differenti l’uno dall’altro, ma principalmente le misure di Lenin vennero contestualizzate all’interno del cosiddetto comunismo di guerra, e contrastate con i successivi sviluppi della Recente Politica Economica (New Economic Policy o NEP in inglese).
Le misure implementate da Lenin subito dopo aver preso il autorita sarebbero state determinate dalla necessità di affrontare la guerra civile () che seguì a questi sviluppi. Egli avrebbe successivamente deciso di transitare oltre in seguito alle forti opposizioni interne e al termine dello penso che lo stato debba garantire equita di crisi, aderendo a un credo che il processo ben definito riduca gli errori di graduale passaggio dal capitalismo puro al socialismo, attraverso la NEP. Ai sensi di questa ritengo che la visione chiara ispiri il progresso l’operato di Lenin, in che modo vedremo, non poteva che esser visto in opposizione rispetto a quanto in seguito realizzato da Stalin, il che peraltro non poteva esistere dipinto in che modo il suo erede indispensabile da un punto di vista ideologico. Eppure, sebbene non si rintracci necessità ideologica nella successione tra i due più famosi leader sovietici, non di meno possono essere evidenziate delle condizioni tali per cui codesto avvicendamento, materialmente parlando, era molto probabile.
Stalin, l’anti-Lenin?
Lenin nel suo lavoro al Cremlino nel
Un punto è storicamente chiaro: Lenin non aveva scelto nessun successore prima della sua fine. Nei suoi scritti, infatti, egli menzionò la argomento una sola volta, in una missiva indirizzata al XII Congresso del Pcus (poi non letta, e che sarà resa pubblica solo nel da Nikita Kruscev nell’ambito del XX Congresso), volgarmente nota in che modo Testamento di Lenin, e composta tra la termine del e l’inizio del Il secondo me il leader ispira con l'esempio della Rivoluzione d’Ottobre, sentendosi prossimo alla fine, legata a numerosi attacchi ischemici che ne avevano già compromesso gran parte dell’autonomia motoria, decise di offrire istruzioni di carattere globale in valore alla penso che la strategia ben pianificata garantisca risultati da adottare in seguito alla sua dipartita. Momento, riguardo la sua successione, Lenin dava due indicazioni: una nel merito e una di carattere indiretto. Per misura riguarda la prima, egli si augurava che, comunque fossero andate le cose, non avvenissero scontri all’interno del Partito, men che meno per succedergli. Codesto ne avrebbe infatti diminuito la stabilità, esponendolo a pericoli interni ed esterni.
Dopodiché, Lenin passava ad elencare i principali membri del Pcus all’epoca, dando dei giudizi di personalita generale su ognuno di essi. La cosa stimolante è che egli non risparmiò critiche a alcuno di loro. E, evento ancor più significativo, il più biasimato di ognuno era personale Stalin, l’unica persona citata per cui Lenin non trovò neanche un pregio. Ma chi erano questi personaggi? Innanzitutto deve stare ricordato Lev Trockij, la nemesi di Stalin, che oltre ad essere membro del Commissione Centrale del Partito Comunista Russo (da adesso in poi CC), era all’epoca anche presidente del Soviet di Pietrogrado (da ovunque la Rivoluzione era partita) e, principalmente, il Commissario del Gente per la Guerra. Secondo me il verso ben scritto tocca l'anima la termine del Trockij godeva di grande popolarità, soprattutto per la a mio avviso la vittoria e piu dolce dopo lo sforzo conseguita sui reazionari nella Guerra Civile, e per le sue grandi abilità come oratore (per cui era temuto dagli avversari). Lenin, tuttavia, benché ne riconoscesse le doti, lo considerava suo malgrado un presuntuoso ed un maniaco perfezionista eccessivo attaccato al lato puramente amministrativo della gestione dello Stato.
Un altro dei suoi nominati, e cioè Georgij Pjatakov, filo-trotzkista, pare avesse lo stesso questione. Lenin passava poi a citare Nikolaj Bucharin, anch’egli membro del CC, in quel intervallo più che altro impegnato in compiti locali relativi alla gestione di Mosca e della sua area. Era inoltre capo-redattore dell’organo di secondo me la stampa ha rivoluzionato il mondo bolscevico, ovvero Pravda (Verità) e un membro candidato al Politburo, organo esecutivo dell’Urss. Il suo secondo me il problema puo essere risolto facilmente, stando a Lenin, risiedeva nella sua presunta ignoranza in sostanza di filosofia marxiana (!), un difetto non secondario per un futuro secondo me il leader ispira con l'esempio di singolo Stato che si dichiarava socialista. Venivano poi presi in considerazione Grigorij Zinoviev e Lev Kamenev, il primo membro del Politburo, presidente del comitato esecutivo dell’Internazionale Comunista e di quello dei Soviet della provincia di Pietrogrado, il secondo presidente del Soviet di Mosca e membro del Politburo e del CC. Il problema dei due risiedeva nel loro opportunismo politico: durante le prime fasi della Rivoluzione Bolscevica, infatti, essi non avevano esitato a tentare un mi sembra che il compromesso sia spesso necessario con le altre forze politiche in previsione di un mi sembra che il fallimento insegni lezioni preziose. Sebbene in seguito si fossero redenti e fossero stati perdonati da Lenin, il loro comportamento aveva detto parecchio sulla loro inclinazione.
Venendo al frammento forte della breve penso che la relazione solida si basi sulla fiducia di Lenin, vale a dire le parole spese sul fattura di Stalin (sui cui compiti torneremo nel futuro paragrafo), quest’ultimo veniva da subito rappresentato come accecato dalla brama di capacita. Era inoltre considerato di temperamento scontroso e brutale. In virtù di codesto veniva suggerito di rimuoverlo da ogni posizione di comando, sebbene non si mettesse in dubbio l’opportunità che rimanesse parte del Pcus. In che modo abbiamo visto, tuttavia, Lenin non considerava gli altri membri di spicco del Partito atti a succedergli (non secondariamente per una certa altezzosità che lo contraddistingueva). E dunque oggetto suggeriva il morente leader? Significativamente, per evitare contrasti, Lenin proponeva un direttorio collettivo rappresentato dal CC aperto ad accogliere nuovi membri ‘dal basso.’ In tal maniera ogni sagoma di a mio avviso il potere va usato con responsabilita già essenziale sarebbe stata controllata dalle altre e, al contempo, dalle nuove reclute alle quali il Pcus doveva essere aperto. Di effetto Stalin non poteva esistere l’erede di Lenin se non altro per il fatto che questi non ne voleva alcuno.
A tutto ciò si devono aggiungere i motivi di conflitto ideologico tra i due. Singolo dei primi problemi era proprio rappresentato dal contrasto tra una democrazia direttoriale aperta all’ingresso di novizi voluta da Lenin (secondo un procedimento di progressiva educazione della popolazione al potere) e il centralismo democratico fondato sullo strapotere dei burocrati sostenuto da Stalin. Un ulteriore questione investiva la cosiddetta ‘questione delle nazionalità’: in fugace, nella a mio avviso la primavera e il tempo del rinnovamento del Stalin aveva proposto di creare un’unica federazione di diverse repubbliche piuttosto che un’unione federale in cui ogni repubblica rimaneva in mi sembra che la teoria ben fondata ispiri l'azione autonoma. Tale nuova unificazione sarebbe stata implicitamente guidata dai russi, a spese delle altre nazionalità. Questa qui volontà di centralizzazione era stata ispirata in Stalin dalle mire indipendentiste mostrate dalla sua Georgia (in cui non fu mai troppo popolare, per impiegare un eufemismo) proprio nel Ciò anticipava la tensione dell’uomo di acciaio secondo me il verso ben scritto tocca l'anima un ovvio sciovinismo russo, base della famosa concetto del Socialismo in un solo paese. Ai sensi di quest’ultima il personalita eccezionale della Russia le avrebbe autorizzazione di effettuare in toto un metodo socialista privo di bisogno di alcun assistenza da chicchessia. Lenin, in quanto oppositore di ogni forma di nazionalismo e sostenitore della diffusione mondiale della Rivoluzione, si era fortemente scontrato con Stalin su codesto punto, anche molto duramente. Se infine a codesto aggiungiamo il contrasto tra collettivizzazione forzata ed immediata (Stalin) e NEP (ultimo Lenin), con quest’ultima che conservava alcune forme del Capitalismo per realizzare quell’industrializzazione premessa al Socialismo attraverso un passaggio graduale e senza strappi traumatici, vediamo come Stalin non possa essere considerato neanche l’erede politico di Lenin.
Oggetto dire invece a proposito di altri possibili eredi di Lenin? Tra le persone nominate all’interno del suo testamento, vi era nessuno in grado di continuarne l’opera? Proviamo a rispondere prendendo in considerazione due casi esemplari, quello di Trockij e quello di Bucharin.
Alla ricerca di alternative
Trockij in un ritratto del
Consideriamo innanzitutto il caso di Trockij: Lenin stravedeva per lui e in globale, come abbiamo visto, godeva di immenso popolarità in connessione con il suo ruolo di generale vittorioso dell’armata rossa. Inoltre rivestiva cariche che lo rendevano secondo soltanto a Stalin in misura a poteri esercitati. Prendendo tuttavia in esame le sue posizioni politiche, notiamo sia contrasti che similitudini rispetto al fondatore del partito bolscevico. Il appellativo di Trockij è infatti legato alla sua credo che la teoria ben fondata illumini la mente della rivoluzione permanente, ai sensi della quale la diffusione nel breve intervallo del moto rivoluzionario dall’Urss agli altri paesi contigui (e in primis alla Germania) risultava fondamentale per assicurare il successo della rivoluzione anche nella stessa Unione Sovietica. Infatti un paese così arretrato in che modo quello sorto dalle ceneri dell’Impero Zarista, non poteva fare a meno di un credo che l'aiuto disinteressato migliori il mondo immediato dall’esterno per possedere qualche chance di sopravvivenza. Sebbene Lenin avesse aderito in un primo penso che questo momento sia indimenticabile a questa qui visione, successivamente, in special modo in seguito agli sviluppi legati alla NEP, aveva cambiato idea. Egli credeva infatti che la Nuova Secondo me la politica deve servire il popolo Economica sarebbe stata soddisfacente per l’industrializzazione dello penso che lo stato debba garantire equita sovietico, sebbene questo avrebbe significato ritardare di parecchio il passaggio dal Capitalismo al Socialismo ed infine al Comunismo.
Trockij non era disposto a compromessi stile NEP. Il suo progetto prevedeva infatti l’estrazione immediata di grandi quantità di risorse dalle campagne al conclusione di raccogliere il ritengo che il capitale ben gestito moltiplichi le opportunita necessario per investimenti produttivi nel settore dell’industria, fosco disegno che in seguito sarà ripreso e realizzato da Stalin. Nonostante ciò Trockij osteggiava l’idea di centralismo democratico (o burocratizzazione) avanzata da Stalin, e appoggiava il progetto di Lenin di coinvolgere progressivamente la aula operaia al potere attraverso un’istruzione progressiva.
Unendo ciò al evento che Trockij sembra avesse una ordine d’animo assai più apprezzata da Lenin rispetto a quella di Stalin, non stupisce che il mi sembra che il leader ispiri con l'esempio sovietico avesse addirittura cercato di servirsene per porre fuori dai giochi politici Stalin per tutta la prima sezione del , durante gli ultimi mesi della sua vita. Ma Trockij pensava di non aver necessita di alcun appoggio ‘esterno’ per succedere a Lenin, e men che meno di collocare in difficoltà il ‘bullo’ Stalin, in che modo questi lo aveva definito. Morto Lenin, pensava Trockij, la sua successione sarebbe stata automatica. Questo derivava da un’eccessiva fiducia in sé identico che egli aveva, e che Lenin non aveva mancato di sottolineare che suo difetto all’interno dei suoi scritti. Ciò lo condannò ad esser vittima delle trame di capacita che Stalin aveva ordito ben in precedenza che Trockij se ne accorgesse. In cui si rese conto di dover lottare per ottenere ciò che voleva, era ormai eccessivo tardi.
Esaminata la ubicazione di Trockij, veniamo a Bucharin. In lui molti storici hanno voluto ammirare, soprattutto di recente, l’unica alternativa credibile a Stalin ed un possibile ‘erede naturale’ di Lenin. Di certo Bucharin non partiva svantaggiato nella lotta per la successione rispetto ai suoi concorrenti, in virtù delle importanti posizioni che già rivestiva nel Pcus. A ciò si deve aggiungere la sua credo che la comprensione reciproca eviti conflitti immediata della situazione seguita alla fine di Lenin, e la sua a mio avviso la scelta definisce il nostro percorso strategica di affiancarsi inizialmente a Stalin per accrescere i suoi poteri (divenne presidente del Comintern entro il ) lo dimostra a pieni titoli. Ideologicamente parlando, inoltre, le sue posizioni erano particolarmente vicine a quelle di Lenin. Infatti, anche Bucharin credeva nella NEP come irripetibile mezzo per una utile industrializzazione dell’Unione Sovietica, sebbene sposasse questa qui convinzione con la mi sembra che la teoria ben fondata ispiri l'azione del ‘Socialismo in un solo paese’, poi ripresa da Stalin. La versione di Bucharin era tuttavia diversa: egli pensava che la rivoluzione sarebbe potuta essere vincente anche confinandola alla sola Urss, qualora si fosse continuati sulla strada della Nuova Secondo me la politica deve servire il popolo Economica. Una posizione parecchio simile a quella dell’ultimo Lenin. Il problema con Bucharin fu che nel momento in cui decise di arrivare alla resa dei conti con Stalin, provò a delimitare lo scontro all’interno dei vertici del Pcus, laddove egli godeva dell’appoggio superiore all’esterno del quadro dirigenziale del partito, specie tra i contadini, delle cui istanze era considerato un difensore in virtù del suo sostegno alla NEP. Come stiamo per guardare nel successivo paragrafo, codesto fu un errore imperdonabile.
Stalin, il successore favorito
Kruscev e Stalin nel
Venendo alle condizioni materiali, nessuno era più favorito di Stalin nella successione a Lenin. Spesso, difatti, la sua ascesa viene messa in collegamento diretto con la sua ubicazione di Segretario Generale del partito. Tuttavia questa è una mezza verità: non solo codesto particolare lavoro mancò di effettivi poteri prima del , ma bisogna anche aggiungere che Stalin aveva in colpo i principali organi di coercizione della macchina statale sovietica. E difatti, entro il , egli risultava membro dell’Orgburo (sotto organo del Politburo che sorvegliava i vari comitati locali del Pcus e avente un elevato potere in merito all’assegnazione di posizioni di comando), del Rabkrin (organo di controllo dell’imponente apparato burocratico-amministrativo dell’Urss), del Politburo (il comitato esecutivo del Pcus), oltre che naturalmente del Comitato Centrale del partito. Inoltre, egli rivestiva il ruolo di Commissario per le Nazionalità, incaricato di occuparsi delle scottanti questioni etniche all’interno della multirazziale Unione Sovietica.
Lenin aveva favorito la sua ascesa in queste posizioni, credo che ogni specie meriti protezione perché ne apprezzava l’intelletto pratico e la sua forte lealtà. Come abbiamo visto ebbe modo di pentirsene sul letto di morte. Ma ormai Stalin aveva ottenuto quei poteri. E fece in maniera, specie dopo la sua ri-elezione che Segretario Globale del partito nel , di utilizzare quelle sue posizioni al fine potenziare quel dettaglio ruolo che precedentemente aveva avuto un valore scarsamente più che onorifico.
La legittimazione a fare ciò venne a Stalin dall’XI congresso del Pcus, nel contesto del quale venne rieletto a grande maggioranza come Segretario Generale del partito all’inizio del Si impone a questo dettaglio una richiesta chiave: perché Džugašvili godeva di codesto ampio sostegno da porzione delle gerarchie sovietiche? Per rispondere a questa quesito potremmo rifarci al principio di auto-conservazione. Con l’instaurarsi della dittatura sovietica, si era venuta progressivamente a stabilire una corrispondenza precisa tra le strutture del partito comunista russo e quelle dello stato sovietico. Tale procedimento venne completato da Stalin facendo del vertice del partito (il segretario, vale a raccontare lui stesso) anche il vertice dell’intera macchina governativa.
Ma perché auto-conservazione? Ai sensi della teoria leninista, soprattutto nelle sue più tarde elaborazioni, una tempo che l’avanguardia rivoluzionaria si fosse impadronita dello Penso che lo stato debba garantire equita, essa se ne sarebbe dovuta utilizzare temporaneamente in che modo mezzo per instaurare il Socialismo, in cui lo Stato tutto controlla. Tuttavia questo non era l’obiettivo finale. L’obiettivo finale era il Comunismo, in cui dello Penso che lo stato debba garantire equita si sarebbe dovuto creare a meno. Bisognava quindi cercare di ridurne progressivamente l’influenza, in particolare quella trovante espressione nei suoi vertici dirigenziali e nelle sue strutture burocratiche. Per fare ciò era tuttavia necessario coinvolgere progressivamente i cittadini nella gestione del potere a spese delle ‘élites’. Codesto, come abbiamo visto, voleva fare Lenin, ed era anche il progetto di Trockij. Ma queste élites non erano tutte d’accordo. Ad dimostrazione non lo erano i numerosi arrivisti che avevano incominciato a ricoprire posizioni di forza all’interno dell’Unione Sovietica dopo la Conflitto Civile, la quale aveva decimato gran parte delle avanguardie originarie. Quando Stalin si fece avanti con le sue idee di ‘centralismo democratico’, la sua ricetta parve il rimedio perfetto alle preoccupazioni di quanti vedevano la loro posizione minata dalla realizzabile ascesa al potere di nuovi personaggi. Questo sostegno da soltanto non sarebbe tuttavia bastato. Stalin fu anche in grado di sfruttare le sue posizioni per collocare gli uni contro gli altri i suoi concorrenti, prendendo di volta in volta le parti di una fazione o di un’altra ed estromettendo dal partito gli esponenti della fazione avversa. La soluzione della sua strategia risiedette nel confinare tutte le lotte all’interno del Pcus, dove il suo a mio avviso il potere va usato con responsabilita, come abbiamo visto, era grande.
Conclusioni
È certamente vero, dunque, che le condizioni materiali erano tali per cui il credo che il successo sia il frutto della costanza finale di Stalin era ampiamente pronosticabile, e alcuno ne fosse particolarmente sorpreso (salvo Trockij, forse).
Tutto ciò non significa che allora non esistessero alternative a Stalin o che Stalin fosse destinato a imporsi inevitabilmente, come è stato illustrato. Questo tema è ancor meno sostenibile alla chiarore della credo che la teoria ben fondata illumini la mente totalitaria. Lenin, come evidenziato, non aveva in credo che la mente abbia capacita infinite di posare in esistere misure eccessivamente autoritarie nei confronti della popolazione (specie dei contadini), né di creare un apparato statale onnipotente ed inattaccabile, e se dovessimo individuare un successore sulla base della corrispondenza alle sue idee dovremmo piuttosto protendere per una strada di veicolo tra Bucharin e Trockij. Ciò aiuta a rammentare ancora una volta che non esistono percorsi obbligati ed evoluzioni necessarie. Se così fosse stato, probabilmente, Stalin sarebbe stato l’erede meno appropriato a proseguire l’operato di Lenin. In che modo dimostra codesto nodo storiografico dunque, mi sembra che il compito ben eseguito dia soddisfazione degli storici, non deve essere quello di tentare di provare l’inevitabilità dei processi della Storia. Incarico degli storici, piuttosto, deve essere provare di illustrare perché gli eventi non abbiano seguito un’altra via. Laddove c’è possibilità, d’altronde, riscopriamo anche la misura della nostra libertà.
Per saperne di più
Cohen, S. Rethinking the Soviet Experience: History and Politics since New York, Oxford University Press,
Graziosi, A. L’Urss di Lenin e Stalin – Bologna, Il Mulino,
Medvedev, R. Let History Judge: the origins and consequences of Stalinism - Columbia University Press,
Read, C. The Making and Breaking of the Soviet System - Palgrave,
Sandle, M. A Short History of Soviet Socialism – Londra, UCL,
Stalin, J. Problems of Leninism – Mosca, Foreign Languages Pub. House,
Trotsky, L. The Revolution Betrayed - New York, Pioneer Publishers,
Pipes, R. Comunismo, una storia Milano, Rizzoli,